Quintorigo
Written by davide on January 26, 2011
Per il nuovo progetto la band ha deciso di rimodellare la propria personale idea di ital-rock, componendo un disco completamente in inglese
e chiedendo ad una delle attrici/cantanti icone del momento, Juliette Lewis, di suggellare con la sua unica e sensuale voce ad alcuni brani del loro nuovo album, “English Garden”, che simboleggia un ritorno all’attitudine istintiva e viscerale del rock degli esordi della band, quel qualcosa di ancestrale che tutti i musicisti dopo una lunga carriera dovrebbero avere sempre il coraggio di riprendere in mano e tornare a farci i conti, per rivederlo, stravolgerlo e rimettersi in gioco ancora una volta; e questa attitudine viene espressa con gli strumenti di sempre: il sassofono, il violoncello, il violino, il contrabbasso, strumenti classici (mal)trattati come non mai, sfibrati e trasformati con potente energia; filtrati e modificati con mirabolanti giochi di suoni da una moderna sensibilità e sparati all’unisono verso risultati che sanno di sperimentazione, di portentoso rock’n’roll, a tratti di jazz, di soul e di quella perversa e salutare attitudine punk/blues che non hanno mai perso; quella voglia di urlare in musica, di amalgamare la dolcezza con la rabbia e la ruvidezza delle origini; e poi c’è la voce di Luca Sapio, il nuovo arrivato che mette il suggello di rango, autore di tutti i brani insieme al resto della band, come nelle migliori factory musicali, una voce che diventa a tratti un vero e proprio strumento, che gratta le corde vocali come un serpente accarezza le sue stesse spire, e che interpreta appieno la voglia dei Quintorigo di uscire fuori dall’Italia ed andarsene finalmente a spasso per il mondo; Quintorigo è uno dei gruppi musicali più originali e interessanti degli ultimi anni; mostrando rare versatilità e capacità strumentali, i Quintorigo si permettono di shakerare suoni e generi musicali: classico, rock, jazz, punk, reggae, funky, blues, in un continuo gioco tra musica e voce; archi che diventano chitarre elettriche, distorte e violente, per poi tornare alle sonorità originarie, sassofoni indemoniati ma allo stesso tempo melodici, il contrabbasso che sostiene con una ritmica decisa e la voce che incornicia i suoni spaziando sulle più diverse timbriche; la singolarità dei suoni, strumentali e vocali, in una riuscitissima commistione tra i generi musicali più diversi, insieme all’originalità dei testi, offrono una combinazione che non permette di annoiarsi all’ascolto.