Lusaka-Londra su una Bici in Bamboo 4a Settimana
Written by Roberto on July 24, 2012
Continua il lungo viaggio di Matteo nell’affascinante terra d’Africa. Sono gia’ passati 21 giorni ed ha gia’ percorso 2300Km. E’ il momento di ripartire da Nairobi e nonostante si possa pensare all’Africa come terra calda e soleggiata ora e’ il momento delle pioggie
Nairobi – Riposo … si fa per dire
Dopo 21 giorni sulla bici, più di 2300 km percorsi, eccomi fare avanti ed indietro dalle ambasciate con il taxi in mezzo al traffico. La prima ambasciata che visito è quella etiope, ho già il visto ma volevo anticipare la data d’ingresso, ma una zelante dirigente tatuata con una croce copta sulla fronte e molte altre intorno al collo, ha declinato tutte le mie richieste. La seconda è quella sudanese, un nome che mette esageratamente paura alle mamme dei cooperanti, compilo scrivendo da destra a sinistra dei moduli per la richiesta del visto scritti in arabo ed inglese. Presento la domanda alle 10,30 e alle 14,30 ho il visto bello e appiccicato sul mio passoporto.
Come mi avevano già anticipato altri attraversatori d’Africa, in quegli incontri occasionali in cui sudati e stravolti ci si chiede tutto e si da tutto, … ‘Com’è lo Zambia?’… ‘Che strada hai fatto in Tanzania?’ … ‘Dove hai dormito ieri?’ …’Ciao fai buon viaggio!’ … ‘Good luck!’ … probabilmente non potrò pedalare da Isiolo a Moyale, zona bellissima ed infestata dai banditi, somali dicono i più, ma c’è un po’ di tutto.
Nairobi – Riposo forzato … ed imprevisto …
Chris Froome chi è costui?
Avrei dovuto scrivere da almeno un centinaio di chilometri da Nairobi, invece scrivo dalla cameretta che i ragazzi di David hanno liberato per me nel compound di Kikuyo.
David Kinjah è venuto a trovarci verso le 9 alla Mvuli House con un gruppo di giovani ciclisti per accompagnarmi fino a Thika, Serena avrebbe dovuto fare qualche video prima di prendere l’aereo per Lusaka. Prima di partire ha dato un’occhiata molto professionale alla mia bici, e ha diagnosticato un problema alla forcella, o meglio al manubrio, c’erano delle specie di cuscinetti, che non sapevo nemmeno esistessero che erano usurati, inoltre uno era stato montato al contrario. David ha i pezzi ricambio ma a casa sua a 23 km dal nostro albergo. Ci andiamo in taxi mettendoci il doppio di David e i ragazzi in bicicletta a causa del traffico. Il manubrio viene sistemato velocemente, poi hanno rimosso e sistemato il movimento centrale.
E’ molto tardi ma siamo pronti a partire penso che farò una sessantina di chilometri, monto le borse, David ed i ragazzi sono pronti, il boda boda la moto che porterà Serena per il video è arrivato, partiamo. Il cambio da subito segni di squilibrio! Cambi uno scendi, o sali, tre rapporti! La catena cade … Secondo David bisogna cambiare tutte le corone dietro e davanti.
I ragazzi che fanno parte del progetto si allenano tutti i giorni, alcuni vanno a scuola altri no, perchè sono arrivati qui tardi e quando si hanno 16 o 17 anni è difficile trovare la motivazione per tornare sui banchi. Così molto pragmaticamente David, oltre all’attività sportiva, insegna loro l’arte della manutenzione delle due ruote.
Dopo la merenda siamo andati tutti in bicicletta a giocare a calcio qui vicino, durante la partita David ha ricevuto la notizia che Chris Froome, ha vinto la tappa di oggi del Tour de France. Chris, kenyano bianco di famiglia povera naturalizzato inglese, che corre ora con team Sky è un grande amico di David che è stato il suo primo allenatore. David era contentissimo e ha ricevuto tantissime telefonate di congratulazioni e richieste di informazioni, era un po’ come se avesse vinto anche lui. Lo capisco. Il suo progetto ha pochi fondi, ma lui ci crede e si vede, e penso ci rimetta anche del suo, David è un role model che ha presa sui ragazzi, è se stesso, predica quello che lui stesso fa, si diverte e attacca sulle salite come un ragazzino. Mi ha stupito che il taxista, come molte altre persone per strada lo riconoscano, e lo salutano.
L’Africa ha bisogno di tanti David Kinjah!
(David ha una pagina su facebook col suo nome e un sito www.safarisimbaz.com)
Ventiduesima tappa
Nairobi Kikuyo Compound S 1° 29.206’ E 36°82.194’ – Sagana S 0° 66.951’ E 37° 20.611’ 115 km
Ripartire da Kikuyo Compound comporta circa 25 km in più, rispetto al centro di Nairobi, ma ne è valsa la pena. L’aver incontrato David e il suo gruppo è stata un’esperienza molto interessante, e spero che possiamo fare qualcosa insieme a loro in futuro. La bici è migliorata, abbiamo cambiato tutte le corone del cambio davanti e dietro, fatto una manutenzione generale, non è perfetta ma siamo vicini al massimo ottenibile considerando i materiali di partenza ed i ricambi disponibili in Africa. D’altra parte uno dei motivi di questo viaggio è anche dimostrare che si può fare molto anche con poco, con mezzi limitati. Quindi di cosa ti lamenti Matteo?
Una superstrada simile a quella di Thika, l’avevo vista solo a Cipro nella zona occupata dalla Turchia, dossi, moto, biciclette, asini, una moto con taxista e una mamma con tre bambini, poi quando la strada si restringe diventa la strada più pericolosa del mondo animata da vecchi camion carichi di sabbia, matatu (i minibus del Kenya) e macchine con una fretta e una propensione al sorpasso spropositate. Le macchine e i minibus che venivano in senso contrario hanno attentato la mia vita più volte, mi sono salvato con dei repentini fuoripista che mi hanno un po’ innervosito. Siamo vicini al monte Kenya, 5199 metri sul livello del mare, ma oggi non ho visto niente speriamo domani.
Mi sono fermato al Savage Camp di Sagana, dove ho trovato un letto in una ‘bunk house’ per 1000 scellini, circa 10 euro. Si tratta di una camerata con 16 letti a castello, posta al primo piano di una costruzione in stile con il tetto di paglia, il lato che da sul fiume Sagana è aperto su di una veranda dalla quale si può ammirare il fiume ricco d’acqua. Il rumore del fiume è una ninna nanna formidabile, infatti sto lottando per finire di scrivere e non addormentarmi.
Segnatevi questi nomi George Kiama, Martin Thiogo, Samuel Chege, Kennedy Kamau, Jessy Ngugi, Kenneth Kayaya, Peter Garthere, James Karanja e Anthony Ngeng’a potremmo sentirne parlare in futuro.
Ventitreesima tappa
Sagana S 0° 66.951’ E 37° 20.611’ – Nanyuki S 0° 01.666’ E 37° 06.666’ 118 km
‘Don’t you feel cold?’ (‘Non hai freddo?’) mi chiede una ragazzina che sta tornando da scuola, mentre i suoi compagni si tirano palle di grandine …
Si oggi ho preso freddo! Tanto freddo! Sembrava di essere sulle Alpi in un giorno di pioggia … dai 1197 metri di Sagana ai quasi 2000 di Naro Moru, con in mezzo una serie inifinita di salite e discese, poi si scende ma non quanto si è saliti.
La partenza da Sagana è avvolta in una mousse di pioggia finissima che piano piano ti bagna dappertutto. Il sole non si vede, pedalo i primi 10 km con Benjamin che lavora in un allevamento di pesci di Sagana, che mi avvisa che prima di Karatina c’è una piccola montagna … sono circa 5 km con pendenze impegnative soprattutto per me e le mie borse …
Sarà che la bamboo-bike sembra solida ma è incredibile quello che hanno cercato di vendermi da quando sono partito, va bene la coperta da Masai si potrebbe comprimere, ma un sacco di arance o di patate dolci da 20 kg … proprio no … ‘look there is still space’ diceva la donna al mercato indicando sopra l’involucro che contiene tenda, sacco a pelo e materassino … ‘tu fumi marijuana?’ questo mi è capitato stamattina e al mercato ad Arusha … ‘se volevo viaggiare con la marijuana stavo a casa, come potrei fare più di 100 km al giorno fumando …’ … ‘peccato perchè ne avevo mezzo chilo!’ … un bambino che mi è corso dietro in cima ad una salita dove mi rifocillavo, se mi fermo lo faccio sempre in cima è poi psicologicamente meglio ripartire in discesa, mi ha detto ‘Please carry me at home?’ … ‘Where should I put you?’ … ‘There!’ (‘Per favore portami a casa’ … ‘Dove dovrei metterti?’ … ‘Lì!’) dice con il braccio teso e il dito indice a puntare sempre la tenda … forse vista da fuori sembra una comoda sella …
Una decina di chilometri prima di Nanyuki ho notato delle grosse chiazze bianche ai fianchi della strada e nei campi, da lontano pensavo fosse sale perso da un camion, poi un ragazzo mi ha detto ‘è ghiaccio dal cielo’ … i bambini se la tiravano come palle di neve … anche se la consistenza della grandine non permetteva alle palle di raggiungere alcun bersaglio … me incluso …
Ventiquattresima tappa
Nanyuki S 0° 01.666’ E 37° 06.666’ – Isiolo N 0° 35.563’ E 37° 58.330’ 78 km
Monte Kenya, perchè ti sei nascosto?
Questa mattina me la sono presa comoda perchè sapevo che la tappa non era lunga e perchè a Nanyuki c’era una connessione internet velocissima, tipo a Milano. Fa meno freddo di ieri, la vegetazione è sempre lussureggiante, mi sembra che il microclima piovoso sia sfruttato al massimo per l’agricoltura.
Per i primi trenta chilometri la strada sale, le curve sono pochissime, sono degli alti, e falsi, piani che ti portano su fino ai quasi 2500 metri, qualche chilometro dopo la Maritati Primary School. Siamo più alti del Pordoi e del Bernina, poco più bassi dello Stelvio, ma non ci sono ne rifugi ne panini con la salsiccia, devo accontentarmi, poco più avanti, di un piccolo panificio che produce pane con la farina integrale di Kisima, ‘chips’ con le patate di Kisima fritte nell’olio di canola di … Kisima ovviamente! Prendo tre panini integrali e due thè, in più rubo qualche patatina dalla friggitrice, ma evito di mangiarle non sapendo bene cosa mi riserverà il percorso …
Monte Kenya dove sei? Fin dal mattino le nuvole molto basse non mi danno molta speranza di vederlo …
La discesa ad Isiolo è fantastica, c’è anche un leggero vento a favore, ci si mette tanto a salire ma scendere è un attimo …
Isiolo sembra una città di confine anche se ne è ben lontana, la presenza mussulmana si nota anche dalle divise scolastiche delle bambine che hanno un elegante velo bianco. Quando si tratta di correre curiosi dietro al musungu in bicicletta la religione non ha importanza.
Mi dirigo immediatamente al posto di blocco all’uscita del paese, i tre poliziotti presenti, due uomini ed una donna, mi dicono che per la mia vita non è consigliabile proseguire in bici da solo, il rischio è alto fino a Marsabit, e medio dopo, ma per il secondo tratto dicono è meglio chiedere alla polizia di Marsabit. Mi consigliano di prendere un pulmann scortato dall’interno, ci saranno due poliziotti che viaggeranno con noi, per Moyale. A Nairobi tutti mi dicevano che i banditi erano somali, qui invece è venuto fuori che ci sono molti locali, e la polizia mi ha detto anche Masai, mi risulta difficile pensare a tutti i Masai che ho incontrato prima con una pistola in mano …
Il Monte Kenya non l’ho visto … ci dovrò tornare!
Mi sarei potuto fermare qui una notte, ma come diceva il mio vecchio maestro Belloni, pioniere della revisione in Italia, ‘è sempre meglio portarsi avanti’, l’avevo sempre preso in giro quando mi faceva prendere il treno della metropolitana sbagliato per guadagnare tre fermate, scendere, ed aspettare quello che avremmo potuto prendere tre fermate prima … ma adesso un po’ lo sto capendo … anche perchè le Paralimpiadi non sono così lontane … quindi mi devo portare avanti … che ridere!
Adesso vado a prendere il pulmann … se arriva!
Venticinquesima tappa
Isiolo N 0° 35.563’ E 37° 58.330’ – Moyale N 3° 53.998’ E 39° 05.284’ (Etiopia) 511 km
In pulmann per ragioni di sicurezza!
Non so se il pericolo maggiore sono i banditi o il pulmann, da cross, Moyale Express che ho preso ieri sera! Ho dolori dappertutto come se avvessi fatto a botte con i banditi …
Il Moyale Express non ha il portapacchi sul tetto … Infiliamo la bici in uno dei portabagagli insieme a delle valigie, un tavolino, sacchi di grano, e tanti contenitori di olio … speriamo bene. Quando su un dosso dell’orgia sterrata il passeggero seduto in prima fila sobbalza di 30 cm, quello in mezzo di 60 cm, tu in ultima fila schizzi più o meno di un metro … essendone capaci si potrebbe azzardare una capriola o un carpiato … L’atterraggio è quasi sempre di fortuna, i bambini piangono qualcuno si lamenta, ma il pulmann, forse perchè si chiama Express ha una missione: raggiungere Moyale per le 5..
La colonna sonora del viaggio è quella di ferraglia e vetri che si agitano, ribellano, ai bulloni e alle saldature che le tengono insieme. Qui va molto il Khat, lo masticano un po’ tutti, bigliettaio, che lavoro pesante, autista, donne col bambino sulla shiena, anziani con le stampelle, ragazzi con la giacca del Manchester United, l’unico che si astiene è un DJ somalo che viaggia di fianco a me. Il Khat è un ramoscello con delle foglioline verdi. Il sapore non è male, vagamente dissetante, non ho percepito nessun effetto immediato, non penso ne dia, se il pastore di settanta anni con la kefia che ha condiviso un ora di viaggio con me le mangia da quando era bambino … Secondo i ragazzi Somali riduce il senso di fame e ti aiuta a non dormire, ma all’arrivo io ho assaltato la cucina e sono sprofondato nel letto …
I vetri del Moyale Express sono sigillati e in gran parte oscurati, il telaio del pulmann è rinforzato con delle barre di metallo, non ci sono vani porta oggetti sopra la testa … questo per due motivi, uno, cadrebbero sulla testa dei passeggeri, due, si troverebbero a metà strada tra la tua testa e la fine del sobbalzo. La polvere entra dappertutto alla fine, io musungu, somali, etiopi pastori dalla provenienza non identificata, abbiamo tutti lo stesso colore della polvere, siamo tutti uguali anche nel colore della pelle e dei vestiti.
Si arriva a Moyale alle cinque di sera, dopo diciassette ore di polvere, rumore, storie di gente che si muove, sentite o solamente intuite per via della lingua, natura selvaggia, polizia e fantomatici banditi, dromedari … Tanti somali che si muovono in cerca di qualcosa che non possono trovare a casa loro, come i due ragazzi che sono in viaggio col pulman da Johannesburg, e non si sa bene diretti dove, quando chiedi cosa fai dicono ‘I am in a business …’. O un’altro che vive da dieci anni e fa parte di un gruppo di artisti somali che tentano di sbarcare il lunario in Kenya. Mentre apettavo il pulman ho incontrato anche un distinto ‘esule’ etiope che sta studiando e rientrerà in Etiopia per una rivoluzione pacifica quando sarà il tempo … In fondo le ragioni del mio viaggio volontario sono poca cosa confronto alle loro.
Devo fare un ultimo sforzo tentare di passare il confine, sperare non si accorgano che il mio visto parte dal 15 luglio, sperare che la provvidenza mi aiuti. Uno sta imparando … bene … l’altro lo supervisiona blandamente … non devo riempire nessun modulo … mi fanno una foto con la webcam … e ho il timbro posso entrare!
Sono in Etiopia, me la voglio gustare e pedalare … questo paese bellissimo … dove l’anno è il 2004 … dove si guida sulla destra … dove ci sono 13 mesi e la data è il 4 di qualcosa …
Ventiseima tappa
Moyale (Etiopia) N 3° 53.998’ E 39° 05.284’ – Mega N 4° 05.696’ E 38° 31.155’ 105 km
Quanti spaghetti in Etiopia!
Mentre faccio colazione noto che la bandiera etiope issata di fronte ad una banca opposta all’albergo, è agitata dal vento nella direzione che prenderò io … poi Giorgia mi conferma che dalle sue ricerche le risulta che chi viene giù dal Cairo spesso si lamenta del vento contrario nelle ultime tappe in Etiopia … evvai penso!
Fotografo la bici in bamboo insieme con le casette in bamboo dell’hotel, il manager dice che la mia bici è ‘very smart!’ … Prima di partire Mohamed, somalo residente in Etiopia, vuole offrirmi un caffè, poi un altro, ci facciamo fotografie reciproche, mentre beviamo un buonissimo caffè di miscela ‘arabica’ …
Corroborato dal vento e dai caffè, inizio a percorrere i 105 km che mi separano da Mega di buona lena, la velocità è sostenuta, la strada è dritta e i dromedari sono tantissimi, i veicoli sono pochissimi.
Il primo approccio con l’Etiopia è sorprendente, io sono contento di essere qui e penso, si veda sulla mia faccia, perchè un pastore di dromedari mi dice ‘why are you so happy?’ …
I bambini etiopi sono i più curiosi incontrati finora, mentre ad un bambino kenyano o tanzaniano non sarebbe mai venuto in mente di toccarti la bici, questi non si fanno problemi toccano cambio, cronometro, borse … per ora non mi fanno arrabbiare perchè anche io ero così da piccolo …
Sulla strada è un succedersi di salite e discese, intervallate da lunghi falsipiani, termitai rossi si alternano a termitai bianchi, piccole antilopi mi attraversano la strada più volte, tanti uomini senza divisa hanno il fucile a tracolla … saranno poliziotti in borghese? … non chiedo visto che mi salutano contenti … In cima a una salita dove mi fermo a bere, una famiglia numerosa mi viene incontro e mi fanno fotografie col cellulare … chiedo se posso fare delle foto anche io … acconsentono … se devo fare una foto a una persona di solito chiedo sempre … cosa penserei io se un senegalese mi rubasse una foto in Italia? …
Non c’è reciprocità nella libertà di movimento. Io ho preso i visti dei sei Stati che attraverserò con relativa facilità, posso andare dappertutto senza problemi, col nuovo passaporto anche negli Stati Uniti senza visto … per un africano tutto è più difficile, devi dimostrare di avere un reddito, soldi su di un conto corrente, assicurazione, qualcuno che garantisce per te … la dignità umana non ha lo stesso valore … il passo tra un pericoloso economico pullman ed una costosissima marcia barca per l’Italia è breve … non importa se non si sa nuotare è come se non si sa guidare … se il pulman atterra storto o l’autista ha un colpo di sonno il risultato sarebbe lo stesso … ma qui non ne parlerebbe nessuno … non è difficile passare un confine in Africa se non si vuole il timbro sul passaporto …
L’Etiopia mi ha accolto molto bene, grande festa sulla strada e tanta collaborazione, l’inizio è veramente incoraggiante. E’ un paese unico, mai colonizzato, con tante cose tipiche che ci sono solo qui … speriamo di capirci un po’ di più!