Diana Ross-La Pantera di Detroit
Written by Angelo Moscara on September 14, 2022
Diana Ross è nella top ten delle migliori vocalist dell’Era Rock. Ma se pensiamo all’attività come cantante delle Supremes negli anni ’60, allora Diana è già la migliore. La Pantera di Detroit nasce nella città del Michigan il 26 marzo 1944 e comincia presto, bruciando subito le tappe: nel 1959 forma già il quartetto vocale delle Primettes con le amiche Mary Wilson, Florence Ballard e Barbara Martin. Dopo un anno, le quattro ugole d’oro firmano per la Motown Records, ma nel 1961 restano in tre (la Martin se ne va) e cambiano nome entrando nella storia: si chiamano Supremes e solo i Beatles venderanno più di loro. In 8 anni di carriera le Supremes (rinominate “Diana Ross and the Supremes”) nel 1967, quando Cindy Birdsong rimpiazzerà la Ballard) infilano 12 singoli in testa alle popchart. Dopo l’ultimo successo, “Someday We’ll Be Together” (ottobre 1969), Diana Ross si lancia nella carriera solista.
Dopo aver fatto anche l’attrice, e dopo alcuni successi canori, Diana nel 1973 strizza l’occhio alla Disco-music esce “Touch Me in the Morning” e si piazza nella Top Ten degli album, mentre la ballata title-track balza al numero uno dei singoli Usa. “Touch Me in the Morning” precede un platter di duetti con Marvin Gaye: “Diana & Marvin” (ottobre 1973), che le frutta ben tre hit. Ma è già la volta del secondo film: “Mahogany” (ottobre 1975), che le regala un altro singolo di successo nelle vesti della soundtrack, “Do You Know Where You’re Going To”.
Questo, insieme al successivo numero uno, la disco-song “Love Hangover” (marzo 1976), brilla nel suo secondo disco solista semplicemente intitolato “Diana Ross” (febbraio 1976), che stazionerà per diverse settimane nella Top Ten a stelle strisce. Il terzo ruolo nel cinema le dà il successo con la pellicola “The Wiz” (ottobre 1978) al termine di un periodo non molto felice: nel 1976 divorzia e si trasferisce a New Tork, vicino al Central Park. Il successo sul grande schermo traina le uscite discografiche: “The Boss” (maggio 1979) diventa disco d’oro ed è bissato da un platino con “Diana” (secondo LP eponimo, anche se quello del 1971 – una soundtrack TV – aveva anche un punto esclamativo). Qui troviamo “Upside Down”, che va al numero uno, e “I’m Coming Out”, che entra nella Top Ten. Top Ten che Diana frequenterà anche nel 1980 con il tema del film “It’s My Turn”. Ma la più grande hit della sua carriera deve ancora arrivare: si chiama “Endless Love” (giugno 1981) ed è un duetto con Lionel Richie. Il singolo è anche l’ultimo successo di Diana Ross targato Motown: dopo oltre 20 anni di sodalizio con la storica etichetta all-black, Diana passa alla RCA. E la mossa è premiata subito a suon di vendite: il disco si chiama “Why Do Fools Fall in Love”, la track omonima è una cover di Frankie Lymon And The Teenagers, e le frutta l’ingresso nella Top Ten, così come l’altro singolo “Mirror, Mirror”. La serie dei dischi d’oro si sta però interrompendo: l’ultimo grande hit è nell’ottobre del 1982 con “Silk Electric”, che piazza un altro singolo in Top Ten: “Muscles” scritta e prodotta da un certo Michael Jackson.
La leggenda racconta anche che Diana abbia iniziato alle gioie del sesso il giovane Jacko, quasi circuendolo (evento accennato da Jackson in “Dirty Diana”, dell’album “Bad”). Fra gli ultimi dischi caldi di Diana spicca “Swept Away” (settembre 1984), con la hit “Missing You”, ma ormai nella seconda metà degli anni ’80 la Ross non brilla più: da qui, il ritorno in Motown nel 1989. Nel 1993 la Pantera di Detroit si riavvicina ancora agli standard pop con il live “Diana Ross Live: The Lady Sings … Jazz & Blues, Stolen Moments” (aprile 1993). Il resto è Storia e consacrazione: nell’ottobre del 1993 la Motown pubblica il box quadruplo retrospettivo “Forever Diana” che precede di un anno l’autobiograia della vocalist. Il 1995 è l’anno di “Take Me Higher”, seguito a quattro anni di distanza da “Every Day Is a New Day”, mentre nel 2000 Diana Ross torna con le Supremes, ma solo per promuovere la nuova prova solista “Gift of Love” e senza Mary Wilson e Cindy Byrdsong (rispettivamente rimpiazzate da Lynda Laurence e Scherrie Payne, che però non c’erano ai tempi d’oro).