La Croce Rossa in pericolo
Written by Administrator on March 7, 2011
In un periodo particolarmente difficile per la Croce Rossa Italia, complice un disegno politico che vorrebbe sostituire definitivamente personale e ambulanze CRI con alternative che garantiscano costi più contenuti, spazzando via in un sol colpo storia, esperienza, passione, professionalità, abnegazione e soprattutto garanzie verso i cittadini, ecco un episodio di cronaca di un intervento di soccorso, uno dei tanti svolti dai dipendenti, precari e non, della
Croce Rossa lombarda, al servizio del “118”(Azienda Regionale Emergenza Urgenza), che mostra quanto sia insostituibile questo servizio.
L’episodio è segnalato da Mirco Jurinovich, rappresentante sindacale territoriale CISAL-FIALP CRI , cui va il nostro ringraziamento per la collaboarzione fornita.
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Quanto costa la tua vita?
Le 12.45 di un giorno qualunque, la “golden hour” di fine turno. I servizi della mattinata hanno accompagnato ritmicamente e assiduamente i giri della lancetta dell’orologio, ma il destino è ancora in agguato. Emma, soprannome del sistema informatico di AREU Lombardia , vomita l’ennesimo servizio: “Arresto cardiaco in 55enne, codice rosso!” Una delle 60.000 vittime provocate ogni anno dal “cecchino invisibile”.
L’approfondita conoscenza topografica della zona ci evita perdite di tempo nella consultazione dell’atlante o nell’attesa che il segnale GPS si faccia breccia tra le nubi e raggiunga il navigatore satellitare: sappiamo che ogni secondo guadagnato può fare la differenza. Saltiamo in ambulanza, accendiamo sirene e lampeggianti e partiamo alla volta di Cantalupo affrontando il traffico della pausa pranzo, gli innumerevoli dossi artificiali e la 20enne sulla sua “Clio” che non ci da strada perché distratta dall’invio di un SMS con il cellulare. La sensazione è sempre quella che la distanza che ci separa dal luogo dell’intervento sia direttamente proporzionale al grado di gravità della missione che dovremo svolgere, una distanza che spesso colmiamo invano.
Finalmente arriviamo! Dall’espressione disperata sul volto della persona che ci aspetta in strada, siamo già in grado di capire la gravità della situazione che ci attende. Entriamo e vicino al divano troviamo un giovane chino sul corpo esanime del padre, intento a praticargli un disperato massaggio cardiaco. Lo allontaniamo gentilmente e prendiamo in mano la situazione: pochi attimi per constatare l’assenza di ogni segno vitale mentre il collega – dipendente precario CRI da più di 10 anni – ha già preparato il defibrillatore semiautomatico: depilazione del torace, applicazione degli elettrodi e dopo 20 secondi la voce elettronica del DAE annuncia l’esito dell’analisi: “Scarica consigliata, carica in corso, allontanarsi!”
Il cuore ha conservato un’energia tale da poter essere “resettata” dalla scarica elettrica, ma il primo tentativo risulta inefficace. Si riparte con il massaggio cardiaco e la ventilazione in maschera per altri due minuti, fino a quando il software del defibrillatore non avvia una nuova analisi: di nuovo “scarica consigliata” e nuova scossa nel tentativo di riavviare il cuore, ma ancora nulla di fatto. Nel frattempo giunge sul posto l’automedica e il dottore, assistito dal tecnico CRI, pure lui dipendente precario, intuba il paziente per proteggere le vie respiratorie e garantire una migliore ventilazione, mentre l’infermiere assicura un accesso venoso ed inizia ad iniettare le prime fiale di adrenalina.
Sul monitor del defibrillatore, che nel frattempo ha sostituito quello semi-automatico dell’ambulanza, è ora visibile la tortuosa linea verde che indica inequivocabilmente la presenza di una fibrillazione ventricolare. Il medico ordina una nuova scarica a 360 joule: il tasto viene premuto ed il corpo del paziente si inarca proiettando verso l’alto le braccia, come fossero tirate dai fili invisibili di un burattinaio la cui rappresentazione potrebbe avere un finale lieto oppure tragico. Ancora nulla, la fibrillazione ha lasciato il posto ad una tachicardia, consigliando al medico di proseguire con il massaggio cardiaco, con la somministrazione di altra adrenalina e di farmaci utili per la stimolazione del cuore malato.
Un lavoro d’equipe dove ogni gesto deve essere perfettamente sincronizzato con il precedente e il successivo, come in una grande orchestra che non può permettersi stonature.Le palpebre del paziente rimangono spalancate in una sinistro sguardo mentre le pupille sembrano fissare una dimensione lontana, dalla quale vorremmo ritornasse: la quarta scossa non modifica la situazione. Nemmeno la quinta, la sesta, la settima e l’ottava risultano efficaci, tanto da far pronunciare al medico la frase che non vorresti mai sentire: “Ancora 5 minuti e interrompiamo”. La disperazione dei parenti è indescrivibile mentre il medico, dopo 40 minuti di tentativi di rianimazione, ordina l’erogazione della nona scossa, l’ultima! La linea sinuosa si appiattisce e come per incanto inizia a disegnare dei geroglifici dal significato rassicurante: il cuore ha ripreso a battere regolarmente! “C’è polso – annuncia il medico – carichiamo e andiamo in ospedale”.
Di nuovo in mezzo al traffico, tra gli automobilisti indifferenti che pigramente tornano nei luoghi di lavoro, inconsapevoli del valore della loro normalità. Arriviamo in ospedale dove il rianimatore attende il paziente: si passano le consegne e si torna sull’ambulanza per ripulire i presidi utilizzati e ripristinare il materiale, pronti per ricevere una nuova richiesta di soccorso che dal 1 luglio 2011 potrebbe non arrivare mai più!
[fonte: legnanonews]